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Quanto conta l’apparenza al primo appuntamento

  • 21 Ottobre 2022
  • By Paola Pizza
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Quanto conta l’apparenza al primo appuntamento

Vi state chiedendo quanto conti l’apparenza ad un primo incontro? Secondo la psicologia sociale Il successo o l’insuccesso di un appuntamento sentimentale o di lavoro può dipendere dai primi minuti della relazione.  Sono infatti questi minuti iniziali a determinare (secondo Asch) l’effetto priming, ossia un legame inconsapevole (e per questo ancora più efficace) tra ciò che il nostro sguardo coglie all’inizio della conoscenza e il comportamento successivo. Se i pensieri e le emozioni che proviamo saranno positivi saremo portati ad avvicinarci all’altro e più disponibili a vedere in una luce positiva tutto ciò che dice o fa. Ma se i pensieri e le emozioni saranno negativi, sarà l’allontanamento a prevalere, e lo sguardo sarà critico e poco disponibile.

Lo sguardo come strumento di conoscenza

Lo sguardo è un potente strumento non verbale di conoscenza. Attraverso lo sguardo possiamo percepire le emozioni e gli atteggiamenti degli altri. Come sosteneva il filosofo Kierkegaard: “Ciò che si vede dipende da ciò che si guarda. Perché l’osservare non è solo un ricevere, uno svelare, ma al tempo stesso un atto creativo

La conoscenza è un atto creativo proprio perché mette in relazione gli individui con le loro caratteristiche (identità, atteggiamenti, pensieri, emozioni, personalità, stile di vita) con la società (gruppi, norme, valori) 

L’apparenza contribuisce a creare la conoscenza degli altri?

Le prime impressioni sono importantissime perché preparano la scena della conoscenza. Quando non sappiamo niente, o quasi, della persona che abbiamo di fronte, ne osserviamo la comunicazione non verbale (in particolare l’aspetto esteriore) e il comportamento per capire se possiamo fidarci o meno. Il primo biglietto da visita è certamente l’apparenza: la sua immagine, il volto, il trucco, i capelli, gli abiti, i colori, il modo di muoversi, il tono di voce.

Il nostro sguardo coglie degli indizi che ci aiutano a farci un’idea dell’altro e ad attribuirgli un tratto di personalità in base all’apparenza.

Da cosa dipende la conoscenza

  • dalla salienza – alcune cose ci colpiscono in un determinato contesto perché si differenziano dalla norma (ad esempio, in mezzo a persone vestite di bianco è facile concentrare lo sguardo sull’unica vestita di nero)
  • dal contesto – sia il tipo di incontro che l’ambiente dove si svolge, creano aspettative e influenzano le interpretazioni (ad esempio un uomo vestito in stile manageriale ci farà venire in mente cose diverse se lo osserviamo nel parco giochi di un asilo oppure nei corridoi di una azienda).
  • dall’umore – lo stato d’animo influenza la percezione degli eventi. Quando l’umore è positivo siamo più disponibili a leggere in modo benevolo i segnali che provengono dagli altri. Viceversa quando volge al nero ammantiamo di negatività tutto ciò che vediamo.
  • dalle associazioni – nella nostra mente si creano spesso delle connessioni automatiche tra più rappresentazioni cognitive (ad esempio una persona vestita in modo curato e elegante fa pensare con facilità al successo)
  • dall’accessibilità – la rapidità con cui una rappresentazione cognitiva ci viene in mente dipende dalle aspettative, dalle motivazioni, dal contesto, dall’umore e dalle esperienze che abbiamo fatto frequentemente o recentemente. (Ad esempio, se tutte le persone francesi che abbiamo conosciuto erano eleganti e se amiamo la Francia, un nuovo collega francese ci apparirà subito come sensibile all’eleganza)
  • dalle nostre credenze – le nostre idee, ma anche i nostri pregiudizi, influenzano la percezione di ciò che non conosciamo (ad esempio, se penso che per essere belli ed efficienti si debba essere magri, guarderò con sospetto una persona con un corpo troppo morbido)

Si possono influenzare le prime impressioni degli altri attraverso l’apparenza?

Alcuni si soffermano a pensare se sia giusto o no basarsi sulle prime impressioni. Spesso, seguendo una logica sbilanciata, lo ritengono ingiusto quando sono loro l’oggetto delle prime impressioni altrui, giusto quando sono loro a crearsi delle prime impressioni sugli altri.

Credo che l’attenzione dovrebbe concentrarsi piuttosto sui meccanismi della conoscenza sociale. Conoscerli ci permette di agire in modo competente, gestendo le prime impressioni in modo più efficace.

Cosa preferite fare, lamentarvi perché un primo incontro è andato male, o provare a fare qualcosa perché il prossimo vada meglio?

Comunicare sé stessi, la propria identità, le proprie competenze, il proprio valore è importante per stabilire rapporti interpersonali positivi. Sia che lo si voglia o no, sia che ne siamo consapevoli o no, il nostro aspetto esteriore comunica agli altri molte informazioni su di noi. Il principale assioma della comunicazione (secondo Watzlawick) è che NON SI PUÒ NON COMUNICARE. Allora mettiamoci al lavoro per migliorare le informazioni che trasmettiamo attraverso l’apparenza.

Consigli pratici su come migliorare la comunicazione ad un primo appuntamento attraverso l’apparenza

  • Cura il contesto – fai sì che l’ambiente del primo incontro parli per te, curandone i dettagli. Un bel luogo fa nascere aspettative positive e migliora l’umore. L’abbigliamento dovrà naturalmente essere scelto per rafforzare il messaggio del contesto
  • Gestisci i tuoi pensieri – i pensieri condizionano i comportamenti. Se sei convinta/convinto di fare una buona impressione e hai fiducia nella possibilità di piacere agli altri, i tuoi movimenti saranno più fluidi. La tua postura sarà più decisa, i sorrisi e gli sguardi più aperti. I pensieri positivi ti aiuteranno anche a scegliere l’outfit che mette in luce i tuoi punti forti. Tutto ciò ti porterà ad ottenere con maggiore probabilità feedback positivi. Se invece pensi di non piacere a nessuno la tua comunicazione non verbale sarà chiusa e ostile. Il tuo sguardo sfuggente o diffidente e il tuo volto non regalerà sorrisi. In questo modo probabilmente, come in “una profezia che si autoavvera,“ riceverai la conferma di non piacere agli altri.
  • Valorizza la tua immagineLa bellezza ci attrae in modo automatico fin dall’infanzia. Per l’effetto alone attribuiamo a chi ha un aspetto piacevole e curato anche altre caratteristiche positive come intelligenza, competenza, gentilezza, successo. Investi del tempo, allora, per scegliere gli abiti, gli accessori, i colori che fanno emergere la bellezza che hai dentro.
  • Comunica la tua identità – è più facile piacere agli altri se si riesce ad emergere dallo sfondo. Cerca di farlo con il tuo look.  Comunica con abiti, accessori, capelli e trucco la tua identità personale e la tua unicità . Ma non perdere di vista anche l’identità dell’azienda se l’incontro è di lavoro (clicca qui per saperne di più). Usa anche i colori per mostrare la tua personalità e le tue emozioni. (Vuoi saperne di più sulla psicologia dei colori? Clicca qui)
  • Esprimi il tuo vero sé – mostrati senza maschera se vuoi aumentare le probabilità di piacere. Niente spaventa di più che la percezione della menzogna. Alcune/alcuni cercano di interpretare il ruolo in un personaggio ideale per paura di non venire accettati. Ma come fai a sapere che la tua maschera piacerà di più del tuo sé reale? Se il tuo interlocutore percepirà la menzogna il primo incontro sarà un fallimento sicuro. Mostrare la tua autenticità ti renderà più disinvolta/disinvolto e aumenterà la tua attrattività. Valorizzarsi vuol dire mettere in luce i propri punti forti e accettare anche quelli deboli con disinvoltura. Fai emergere la bellezza che hai dentro. Ciò renderà più interessante il tuo aspetto esteriore.

Auguri per il prossimo primo appuntamento!

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By Paola Pizza, 21 Ottobre 2022 Psicologa, iscritta all'Ordine degli Psicologi della Toscana, dal 1992 si occupa di psicologia della moda. È autrice di diversi libri sulla psicologia della moda. È coordinatrice didattica del Master on line in Psicologia della moda e dell'immagine di ESR Italia.È stata professore a contratto di Psicologia Sociale e Teoria e tecniche del colloquio psicologico alla Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Firenze, e di Psicologia sociale della moda e di Psicologia dei consumi di moda al Polimoda.

Paola Pizza

Psicologa, iscritta all'Ordine degli Psicologi della Toscana, dal 1992 si occupa di psicologia della moda. È autrice di diversi libri sulla psicologia della moda. È coordinatrice didattica del Master on line in Psicologia della moda e dell'immagine di ESR Italia.È stata professore a contratto di Psicologia Sociale e Teoria e tecniche del colloquio psicologico alla Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Firenze, e di Psicologia sociale della moda e di Psicologia dei consumi di moda al Polimoda.

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Paola Pizz

Ciao, sono Paola Pizza, psicologa della moda.
Nel lavoro ho unito due grandi passioni: la psicologia e la moda.
Iniziamo insieme un viaggio tra i significati profondi della moda.

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