In questi ultimi tempi abbiamo assistito ad un proliferare di offerte in stile comfort. Nuove parole sono comparse nel vocabolario della moda come athflow (comodo ma adatto al lavoro) o zoom wear (così come Zegna ha definito l’ultima collezione uomo, comoda ma elegante). Altre hanno assunto nuovo vigore come loungewear, pajamas, stile cocooning, cozy chic.
Va benissimo un abbigliamento agevole e raffinato che rispetta il corpo e lo fa sentire libero. Lo intuì per prima Coco Chanel che liberò le donne dalla costrizione dei corsetti. Va benissimo anche rilassarsi a casa con indumenti morbidi, caldi e avvolgenti come una coperta protettiva. Ma poiché è diventata una tendenza portare l‘abito-coperta anche fuori dall’abitazione o per il lavoro on line (con la semplice aggiunta di qualche accessorio), è arrivato, secondo me, il momento di rendersi conto del significato psicologico. Siete proprio certi che lo stile comfort sia adatto a tutte le situazioni? Dentro casa e fuori casa? Per il relax e per lo smart working? Siete consapevoli di ciò che comunica di voi? Perché qualcuno lo ama e qualcuno lo evita?
La casa è il nostro rifugio, la nostra protezione. Quando si chiude la porta di casa si entra in una nuova dimensione, si lascia fuori il mondo e ci si rifugia nella protezione del privato. È come se entrando in casa si cambiasse identità. Lasciamo fuori il nostro sé lavorativo o mondano, togliamo gli abiti e gli accessori che abbiamo scelto per comunicare chi siamo e influenzare l’idea che gli altri hanno di noi, e lasciamo emergere il nostro sé privato, più indifeso e libero, e talvolta anche più tenero e affettivo, con abiti più morbidi, più destrutturati, più infantili e con pochi accessori. Ed è un proliferare di pigiami, vestaglie, tute, maglioni over size e giocosi, abiti di maglia, kimoni (li adoro!), ballerine di stoffa (le friulane sono le mie preferite!), pantofole. Uno stile rilassato che ci mostra indifesi e un po’ bambini.
Questo cambio di abbigliamento ha una funzione antistress, e ci libera dal giudizio degli altri e dalla pressione sociale. È un modo per delimitare il nostro spazio di privacy separando la nostra immagine privata dall’immagine pubblica, il dentro dal fuori.
Ma cosa succede quando in casa si svolge anche un ruolo lavorativo? O quando si porta all’esterno l’abbigliamento comodo da casa, limitandoci ad aggiungere un cappotto o una borsa?
Dovendo decidere cosa comprare, non avrei nessun dubbio tra l’acquisto di un capo in stile comfort che accoglie come un caldo abbraccio e quello di un capo fashion, fantastico, colorato, originale, insolito e particolare, che esprime determinazione e unicità (come quelli indossati da Olivia Pope in Scandal).
In questo momento difficile sono convinta che sia preferibile guardare avanti e investire su ciò che più sicuramente farà aumentare la nostra autostima e la nostra efficacia relazionale. Guardare indietro e enfatizzare la sindrome della capanna indulgendo sulla nostra immagine privata, non è una buona strategia. Basta con l’abbuffata rassicurante dello stile confortevole da casa e dei colori neutri. Il mio consiglio? Lasciamo la bolla protettiva e gli abiti corazza che ci difendono dalle emozioni difficili e rimettiamo il piacere nel nostro rapporto con la moda. A meno che non cerchiate consolazione negli abiti, cambiate stile e ripartite con grinta puntando al sé interpersonale e ai progetti futuri da esprimere con la moda.
Il proliferare dello stile comfort (attenzione: basta poco e si trasforma in trasandato) che alcuni considerano come cool e di tendenza, mi pare che abbia tolto un po’di magia dalla moda, annacquando quel transfert seduttivo che rende la moda intrigante. Il principio di realtà ha prevalso sul principio del piacere, togliendo fantasia e charme.
È uno stile da piedi in terra che porta a lasciar perdere i sogni e a puntare solo su ciò che è pratico e comodo. Pensiero ricorrente per alcuni: “inutile vestirsi bene, tanto nessuno mi vede. A casa nessuno fa caso a come mi vesto”.
Ma dove finiscono i sogni? E dove va a finire il piacere che è una molla determinante nell’acquisto di moda, se finiamo per comprare solo ciò di cui abbiamo bisogno per stare in casa, anziché ciò che soddisfa i nostri desideri e ci fa sognare?
Un abbigliamento curato, colorato, stiloso, lussuoso, originale o trasgressivo ci aiuterà ad essere più ottimisti e proattivi e a sentirci più sicuri e resilienti. Cominciamo con gli abiti che sembrano fatti proprio per comunicare chi siamo e definire la nostra identità. Continuiamo con i colori accesi che esprimono le nostre emozioni, con gli accessori come orecchini, bracciali, collane, sciarpe che ci danno un tocco unico e indimenticabile e poi risaliamo sui tacchi!
Ognuno di noi ha un proprio modo per affrontare i problemi e le difficoltà anche in questo periodo di coronavirus.
Le aziende che si sono adeguate all’abbigliamento confortevole hanno ascoltato i bisogni di quei clienti che hanno prevalentemente un Locus of Control esterno, si sentono impotenti e imprigionati e si rifugiano nell’abbigliamento comodo e nel calore del privato e dei colori tenui e dei tessuti morbidi, per consolarsi. Gli abiti per loro, in questo momento, sono come un abbraccio materno e una coperta da portare anche all’esterno.
Ma ci sono altrettanti clienti con un Locus of Control interno, che mantengono ferma la loro sensazione di poter fare qualcosa per affrontare la situazione. Sono quelli più proattivi, che hanno voglia di abiti e accessori non per portare fuori il loro essere indifesi, ma al contrario, per mostrare la loro grinta, la loro tenacia e la loro resilienza. Hanno voglia di colore, di bellezza, di stile, di particolarità. Hanno ben chiara la divisione tra sé privato e sé pubblico ed hanno una grande voglia di cambiamento.
Dopo questo lungo periodo di apparente libertà estetica nel quale è sembrato normale lasciarsi andare senza troppa cura del look (in confronto a tutto quello che ci accadeva intorno), credo che dobbiamo riprendere consapevolezza della nostra comunicazione. Non solo perché gli altri ci guardano e ci valutano, ma soprattutto perché noi ci guardiamo e ci percepiamo attraverso la nostra immagine riflessa. Difficile sentirsi competenti e professionali con il pigiama sotto la giacca, o con la tuta, per quanto stilosa e di cachemire. Difficili ritenersi attraenti e sensuali con i capelli in disordine e un golfone informe. Difficile anche apparire convincenti con la faccia di chi si è appena alzato dal letto e l’abbigliamento e la postura per una seduta di Pilates. Le emozioni che proviamo nei confronti di noi stessi influenzano la nostra autostima e le nostre prestazioni.
Cosa fare allora? Ecco i miei consigli su come aumentare la resilienza e il benessere anche con gli abiti e gli accessori:
1 – Scegliamo l’abbigliamento in base ai nostri diversi Sé:
2 – Risaliamo sui tacchi:
3 – Riscopriamo i colori:
Secondo Valeria Viero direttrice di ESR Italia (leggi il suo articolo Comodità o immagine? Questo è il dilemma) per creare un look comodo, accogliente e morbido, ma al tempo stesso professionale, fashion o glamour (in base dell’obiettivo) occorrono tre cose:
Sull’ argomento puoi leggere anche l’articolo di Micaela R. Tenace Active o dressed-up, su Amica n 3 , marzo 2021. Ci troverai una mia intervista.
Psicologa, iscritta all'Ordine degli Psicologi della Toscana, dal 1992 si occupa di psicologia della moda. È autrice di diversi libri sulla psicologia della moda. È coordinatrice didattica del Master on line in Psicologia della moda e dell'immagine di ESR Italia.È stata professore a contratto di Psicologia Sociale e Teoria e tecniche del colloquio psicologico alla Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Firenze, e di Psicologia sociale della moda e di Psicologia dei consumi di moda al Polimoda.
Ciao, sono Paola Pizza, psicologa della moda.
Nel lavoro ho unito due grandi passioni: la psicologia e la moda.
Iniziamo insieme un viaggio tra i significati profondi della moda.
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