Per le scarpe abbiamo una vera e propria passione. Perché siamo così innamorate delle scarpe? Christian Louboutin, che firma modelli dalla suola rossa che fanno sognare mezzo mondo, ritiene che sia per il loro potenziale sessuale. Freud sarebbe stato d’accordo.
“Scarpe che rendono felici, che contribuiscono a determinare l’identità, che fanno sentire uniche e meritano pazzie. Calzature per sentirsi libere e disinvolte o all’apposto, così costrette da dover far dondolare il corpo in cerca dell’equilibrio. Scarpe romantiche o aggressive. Scarpe da collezionare, tacchi sui quali arrampicarsi per acquisire consapevolezza di sé” (Paola Pizza, Abiti e tacchi, QuiEdit, Verona, 2016, p. 53). Scarpe per sentirsi ben ancorate alla terra, o per librarsi in aria. Per essere creative o conformiste. Scarpe che raccontano la donna che le indossa.
Non c’è nessun accessorio in grado di comunicare, con la stessa versatilità delle scarpe, la nostra identità. Ognuno di noi possiede una molteplicità di sé che utilizza in contesti diversi della vita: c’è, ad esempio, un sé lavorativo, un sé sportivo, un sé privato, un sé seduttivo (ed altri ancora). E possiamo passare dall’uno, all’altro, semplicemente sfilando una scarpa e infilandone un’altra: togliendo i tacchi e calzando le sneakers, togliendo le ballerine e infilando i piedi in seducenti sandali.
Anche senza cambiare abito, possiamo mutare la presentazione di noi stesse semplicemente con un tacco. Lo stesso paio di jeans racconta cose diverse di noi se lo indossiamo con una francesina o con un décolleté dal tacco vertiginoso.
Moda o feticismo? Passione o perversione? Siamo tutti feticisti delle scarpe? Amate e bramate: siamo disposte a fare sacrifici per averle e per calzarle. Le veneriamo, le collezioniamo, proviamo piacere puro quando ne entriamo in possesso. Come sostiene Valerie Steele (direttrice del Museum del Fashion Institute of Technology di New York) “c’è un po’ di Imelda Marcos in molte donne e molti uomini manifestano una risposta pavloviana alla vista di donne con i tacchi alti!” (Fetish, p. 133).
La serie cult Sex and the city ha dato il via ad un life style dove le scarpe sono significanti dell’identità e dell’appartenenza ad un gruppo reale o auspicato. Parole come tacco 12, plateau, Manolo (Blahnik), suola rossa (Louboutin), Jimmy (Choo) sono entrate nel nostro lessico quotidiano. Non ci limitiamo a dire “ho comprato un paio di favolose scarpe”, ma passiamo direttamente all’ identità di brand parlando di un paio di Ferragamo, di Gucci o di Miu Miu.
Il concetto di scarpiera (dove impilare e nascondere le scarpe) è ormai tramontato a favore di quello più glamour di armadio per le scarpe, un luogo apposito dove esporre e ammirare uno degli accessori più amati per esprimere la nostra identità (chi siamo e chi vorremo essere). Molti ne possiedono una vera e propria collezione, e quando nei gruppi dove si studia la psicologia della moda, chiedo “quante scarpe possedete?” è un tripudio di numeri, e il tono è quello dell’orgoglio, come se il possesso accrescesse il valore del sé.
Wilhelm Stekel, alla fine degli anni ’20, studiando il feticismo, parlò di “culto dell’harem”: “il feticista gestisce la sua collezione come un pascià che ogni giorno sceglie la sua favorita”. Così noi scegliamo ogni giorno dall’harem delle nostre scarpe, quelle preferite da calzare per esprimere al meglio il nostro sé reale e quello ideale.
Ma, come sostiene Freud nei Tre saggi sulla teoria sessuale, un certo grado di feticismo è di regola nell’amore normale, soprattutto nella fase di innamoramento nella quale la meta sessuale è ancora un goal da raggiungere (e talvolta pare irraggiungibile!).
La passione per le scarpe parla allora del nostro narcisismo, dell’amore per noi stessi e per l’immagine perfetta, una meta spesso complicata da raggiungere, a cui le scarpe ci avvicinano! Le scarpe c’entrano con il sesso? Ebbene sì, parlano di sesso, di potere e di moda. Creare una collezione di scarpe (molte collezionano tacchi alti, altre ballerine, altre ancora sneakers o stivali) equivale a costruire un piccolo mondo dove esercitare padronanza e controllo, e sentirsi sicuri.
Ricordate il senso di sicurezza che dà a Rose (Toni Colette), in In her shoes, collezionare scarpe e ammirarle nel suo armadio? Quello è il suo mondo privato (espressione, per dirla con Freud, della fase anale basata sul controllo e la conservazione) e non sopporta l’idea che la sorella Maggie (Cameron Diaz) tocchi le scarpe (parti della sua identità) e crei disordine, e per difenderlo attacca nell’armadio una serie di post it con scritto “non toccare!”.
Collezionare scarpe è una forma di erotismo ritualizzato e ci permette anche di distinguerci dagli altri, a partire proprio da ciò che possediamo e che diventa oggetto di conversazione e di esibizione.
Serve a combattere l’ansia per il nostro corpo e la paura di inadeguatezza che spesso ci coglie: raccogliere, ordinare e talvolta anche catalogare le scarpe costituisce un rito, con gesti ripetuti che trasmettono sicurezza. La soddisfazione di possedere (scarpe!) è per Freud un antico rituale che ha lo scopo di contrastare gli impulsi aggressivi. Pensate a quante funzioni hanno le scarpe, meritano bene un piccolo o grande investimento, no?
Sei una patita del tacco 12, ami le ballerine, gli stivali col tacco alto, i sandali, gli anfibi, gli ugg, o prediligi le sneaker? Sei più Tacchi dipendente, Vai sul piatto, Svettante stivale, Morbido Ugg, Suola marciante, Scattante sneaker o Seducente sandalo?
Il significato delle scarpe va interpretato in relazione all’identità personale (i ruoli che ricopriamo e gli aspetti unici di noi), all’identità sociale (i gruppi con i quali ci identifichiamo), alle mode dominanti nel gruppo di appartenenza, alle motivazioni, ai valori, al life style. Narrano la mediazione tra il principio del piacere (voglio!) e il principio di realtà (posso?), e tra il sé reale (come sono), quello ideale (come vorrei essere) e quello imperativo (come devo essere!). Permettono inoltre di giocare con la molteplicità dei nostri sé, e di passare da un ruolo ad un altro (ad esempio da quello di donna romantica a quello di dominatrice), semplicemente sfilando una ballerina e calzando un vertiginoso tacco!
Guarda il tuo armadio e conta quante scarpe possiedi. Quante sono? Sei una collezionista di scarpe? Quali sono le tue scarpe preferite? Come ti fanno sentire quando le indossi? Preferisci i tacchi, le ballerine, le sneakers, gli stivali, o altri tipi di scarpe?
Guarda la mia intervista sulle scarpe nella trasmissione L’Italia con voi del 12-02-2020 in onda su Rai Play
Clicca qui per leggere l’articolo di Iodonna.it sulla mostra I’m not Cinderella, I just love shoes, allestita sulla base di quattro profili psicologici di donne che amano le scarpe (redatti da me!). Puoi vedere la mostra al T Fondaco dei Tedeschi di Venezia dal 16 novembre 2018 al 17 marzo 2019 (le scarpe esposte sono del Museo della Calzatura di Villa Foscarini Rossi). Vuoi vedere le immagini della mostra? Clicca qui
Alla 86° edizione del Micam (16-19 settembre 2018) il Body Painter Johannes Stötter ha presentato una sua opera sulle scarpe. Guarda bene! Sembra una scarpa, ma… E’ una splendida rappresentazione del contenuto psicologico di una scarpa: guarda la scarpa e vedi la donna!
Tacchi alti e identità qui troverai anche immagini della mostra I’m not Cinderella, I just love shoes
Psicologia delle scarpe. Dimmi che scarpe indossi e ti dirò chi sei
Psicologa, iscritta all'Ordine degli Psicologi della Toscana, dal 1992 si occupa di psicologia della moda. È autrice di diversi libri sulla psicologia della moda. È coordinatrice didattica del Master on line in Psicologia della moda e dell'immagine di ESR Italia.È stata professore a contratto di Psicologia Sociale e Teoria e tecniche del colloquio psicologico alla Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Firenze, e di Psicologia sociale della moda e di Psicologia dei consumi di moda al Polimoda.
Ciao, sono Paola Pizza, psicologa della moda.
Nel lavoro ho unito due grandi passioni: la psicologia e la moda.
Iniziamo insieme un viaggio tra i significati profondi della moda.
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