La moda in montagna ci ha messo a dura prova! Non è facile esprimere chi siamo e valorizzarci, vestite da cicliste o da camminatrici.
La tristezza per la fine del tempo libero all’aria aperta è appena un po’ mitigata al nostro rientro in città, dalla gioia di riaprire il guardaroba e ritrovare la propria identità! Chiuse le valige, eccoci ritornare al nostro ARMADIO, quello che contiene tutti i nostri abiti più amati, le nostre scarpe, le borse e tutti gli accessori che contribuiscono a definire la nostra identità, e che avremmo tanto voluto avere con noi, anche in vacanza, per esprimere il nostro sé al meglio.
Se siete state in montagna, avrete senz’altro sperimentato quanto sia duro esprimersi con la moda.
La moda al mare è un’altra cosa: ci sono i costumi, i copri costume, le borse, i sandali e i cappelli di paglia a fare la differenza. E poi ci sono le serate dove sfoggiare oltre all’abbronzatura, tacchi mozzafiato e look seducenti.
Ma il transfert seduttivo, che secondo René König è una delle caratteristiche che rendono così attraente la moda, dove va a finire in alta montagna?
Via i tacchi (come puoi inerpicarti per i sentieri scoscesi?), via collane, orecchini e borse trendy (suonano un po’ ridicoli in mezzo alla bellezza della natura), via i tailleur manageriali (per camminare nei boschi?), via i tubini (mica te li puoi mettere con gli scarponi!), cosa ti resta per dire chi sei?
Devi giocartela con l’abbigliamento da trekking o da bike, o al massimo con jeans e camicie quando non fai sport.
Non so se avete notato, però, che anche in queste condizioni, dove la comunicazione di sé è più difficile, si ripresentano alcune delle classiche dinamiche della moda, come la differenziazione e l’uniformità. Cioè il bisogno di sentirsi unici, migliori degli altri e non uguali alla massa, o all’opposto quello di essere simili agli altri, di sentirsi parte di un gruppo.
Guardate i ciclisti. Ci sono quelli vestiti in stile “in bici da sempre” con pantaloncini aderenti e magliette in bianco e nero (con tasca posteriore portaoggetti e inserti gialli, rossi, azzurri o verdi) con scritte che alludono ai club sportivi di appartenenza (quelli reali e quelli soltanto sognati), scarpe tecniche, zainetto, e casco in tinta. Con il loro abbigliamento si differenziano dai “”bikers per caso”, spesso senza casco, con bermuda e magliette colorate, e ai piedi sandali o scarpe da ginnastica.
Quando qualcuno del gruppo “in bici da sempre” incontra un “biker per caso” lo guarda con la consapevolezza di appartenere ad un gruppo diverso. Scatta la dinamica dell’ in-group e out-group. Noi e loro, Noi chiaramente esperti, voi che non lo siete. Noi i migliori, voi i peggiori. Prima ancora di aver notato la fluidità della pedalata, sono gli abiti e gli accessori a creare le prime impressioni.
Ma anche all’interno di un gruppo esistono diversificazioni, e qualcuno non è soddisfatto dalla sola appartenenza e vuol sentirsi il migliore del gruppo. Ed ecco tra il gruppo “in bici da sempre” quelli che indossano aderenti tutine, con mezzi guanti e caschi super tecnologici, con tanto di videocamera per riprendere le mete raggiunte e mostrarle agli altri.
E poi c’è il trekking. Ci sono quelli del gruppo “pensavo di essere al mare” che con pantaloncini di jeans e costume, espadrillas o infradito si arrampicano per impervi sentieri. Sono guardati con derisione da tutti gli altri camminatori che scuotono la testa vedendoli passare identificandoli chiaramente come out-group.
Ci sono i “super tecnici” con pantaloni lunghi di marche famose nel settore, in materiale super leggero, magliette di tessuti traspiranti con loghi ammiccanti, zaini super attrezzati, giacche a vento, pile e borracce, scarponcini strutturati, calzettoni adeguati, o al massimo sandali da trekking per i percorsi facili. Procedono sicuri con l’aria di chi sta per conquistare la meta.
E poi ci sono “i tradizionalisti” con pantaloni alla zuava, camicie scozzesi di flanella, calzettoni rossi o verde bosco e gilet. Vestono colori che si mimetizzano con l’ambiente e hanno l’aria rilassata di chi si sente a suo agio sui sentieri alpini.
Qualcosa di più, con l’abbigliamento, si può fare la sera, se non si è troppo stanchi dopo una giornata di sport, e se l’aria fresca non costringe a indossare il giaccone Patagonia!
Capita talvolta in montagna di sentire la mancanza della moda, non avendo molte armi da giocare oltre all’abbigliamento funzionale (anti pioggia, anti vento, termico, traspirante, imbottito e via di seguito) per comunicare la nostra identità. Se la mancanza della moda come sistema di comunicazione vi crea disagio, queste sono le possibili soluzioni:
Sull’argomento dell’abbigliamento in vacanza leggi anche i post:
Moda in vacanza Stili di abbigliamento in vacanza
Moda in spiaggia Stili di abbigliamento in spiaggia
Psicologa, iscritta all'Ordine degli Psicologi della Toscana, dal 1992 si occupa di psicologia della moda. È autrice di diversi libri sulla psicologia della moda. È coordinatrice didattica del Master on line in Psicologia della moda e dell'immagine di ESR Italia.È stata professore a contratto di Psicologia Sociale e Teoria e tecniche del colloquio psicologico alla Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Firenze, e di Psicologia sociale della moda e di Psicologia dei consumi di moda al Polimoda.
Ciao, sono Paola Pizza, psicologa della moda.
Nel lavoro ho unito due grandi passioni: la psicologia e la moda.
Iniziamo insieme un viaggio tra i significati profondi della moda.
Per conoscermi meglio clicca qui e leggi il mio profilo.