Il look di Melania Trump fa pensare all’archetipo della bambola. Vestita sempre in modo inappuntabile, sembra una Barbie con i suoi tanti abiti e accessori che cambia continuamente per essere perfetta in ogni situazione. I suoi outfit spesso bellissimi, ma usati in modo freddo e impersonale, sembrano indossare il corpo, anziché essere indossati da una persona che li rende vivi e pulsanti con la sua personalità. Comunicano un messaggio, ma non raccontano niente sulla persona.
Il suo look non trasmette emozioni. Come se fosse la bambola dei nostri sogni, osserviamo la sua immagine cogliendo una scissione tra corpo e pensieri. Il corpo diventa oggetto, immagine di una femminilità narcisisticamente appagata di sé. Un corpo e un look usato per rispecchiarsi. Quello che non riusciamo a cogliere sono i pensieri e le emozioni.
Come accade con le bambole, il look di Melania provoca una ambivalenza di sentimenti, da una parte identificazione con la bellezza del corpo e degli abiti, dall’altra aggressività e invidia nei confronti di una perfezione vissuta come irraggiungibile e lontana dalla realtà del corpo delle donne.
Dal look da esploratore alle piramidi di Giza, allo stile coloniale come Meryl Streep ne La mia Africa; dallo stile Jackie Kennedy con il tailleur celeste alla cerimonia di insediamento o con i pantaloni ampi bianchi e il golf blu, all’abito rosso con le pump dorate per le feste natalizie o l’abito bianco per la cerimonia dell’albero, sempre il look giusto al momento giusto.
C’è una maniacale ricerca di perfezione fin nei dettagli, ma, come per la bambola Barbie, è una eleganza senza identità. Manca ogni forma di comunicazione relazionale: è un look pensato per essere guardato ed essere invidiato, ma non per entrare in relazione con il contesto, o creare empatia..
Colpiscono i soprabiti o le giacche spesso appoggiate sulle spalle come mantelli principeschi (una sorta di corazza che separa dagli altri e mantiene le distanze), e i clamorosi errori di look come la giacca di Zara con la scritta I Really Don’t Care mentre visitava un centro di accoglienza di bambini messicani separati dalle famiglie, o i tacchi a stiletto in occasione dell’uragano sempre in Texas. Lapidari come epitaffi i commenti sui Social: Disaster Barbie, Manolo are the new rain boots!
Memorabile l’ingombrante giacca con le rose di Dolce e Gabbana, appoggiata sulle spalle, al G7 di Taormina, quando doveva incontrare le altre First Lady, tutte vestite in modo disinvolto da mattina. La domanda è: come ha fatto a salutarle da sotto la corazza fiorita? Stabilire una relazione non sembrava essere il suo obiettivo, così come per altri suoi look belli, ma eccessivi. Sembra sempre in passerella. Bellissima e irraggiungibile.
Tutta un’altra storia rispetto a Michelle Obama , icona glamour di stile, che ha affermato il potere della sua personalità ed è stata osservata, copiata, emulata, perché vincente e nello stesso tempo vicina e raggiungibile. Il suo look deciso esprime una forte identità personale e una autorevolezza che l’ha resa, durante la presidenza, più popolare del marito.
Confrontando lo stile delle due first lady, le parole chiave che definiscono il look di Michelle sono: unicità, autenticità, personalità, stile individuale e autonomia;
quelle che invece caratterizzano il look di Melania sono: perfezione, distacco dal contesto, eleganza senza personalità, narcisismo.
Secondo lo psicoanalista Donald Winnicott, per essere una buona madre non si deve essere una madre perfetta, ma solo la migliore madre possibile. Parafrasando questa saggissima affermazione e trasportandola nel mondo della moda, vorrei concludere che per avere una buona immagine non si deve puntare alla perfezione, ma solo partire dalla nostra identità per cercare la migliore immagine possibile.
La moda non può essere solo algida e patinata come in passerella, ma bensì un modo per comunicare chi siamo, la nostra autenticità e la nostra originalità. Se abiti e accessori, per quanto stupendi, non sono espressione dell’identità di chi li indossa, ci sarà solo un outfit perfetto, ma senza messaggio. Un vero peccato non utilizzarne il potenziale comunicativo della moda. Davvero Melania Trump non ha niente da proporci oltre alla perfezione di un corpo oggetto? La moda che amo e apprezzo non è superficie, ma un linguaggio profondo che attraverso il corpo fa parlare la psiche.
Per conoscere meglio I migliori e i peggiori look di Melania Trump puoi leggere l’articolo di Michaela K. Bellisario su IoDonna.it o Stile Melania su IO Donna n 3 del 19 gennaio 2019, con una mia intervista.
Leggi anche il post Trump vs Obama per scoprire il confronto tra lo stile delle due coppie presidenziali.
L’ultimo look di Melania che vorrei commentare è quello per il suo discorso alla Convention Repubblicana 2020 che ben riassume il suo stile, con una comunicazione di sé spesso separata dal contesto e priva di coinvolgimento relazionale.
L’abito di taglio militare di Alexander McQueen che ha scelto per pronunciare il suo discorso dai toni accomodanti e rafforzativi del valore americano del successo, la chiude come in una corazza, comunicando distanza, intransigenza, rigore. Un messaggio non verbale rafforzato anche dal colore verde militare. Il verde è il colore della fermezza, dell’orgoglio e dell’autoaffermazione, ma nelle tonalità cupa del verde militare comunica irrigidimento e difesa. La divisa militare poi rimanda alla disciplina e comunica controllo, gerarchia, ma anche conformità alle norme. Il corpo individuale è sacrificato in funzione di un corpo gruppale al quale ci si adegua accettando regole e disciplina. Nella moda questo aspetto di conformità è spesso reso ambivalente dagli abbinamenti e dai modi di indossare la divisa che esprimono emozioni opposte come ribellione, trasgressione, perversione, erotizzazione, sessualità. In questo caso però, l’unica trasgressione è l’immancabile tacco a stiletto.
Cosa ci ha voluto comunicare la First Lady? Che si adegua? Che difende con piglio militare il ruolo del marito? Certo il suo abbigliamento lanciava un messaggio non verbale abbastanza dissonante con il contenuto verbale del suo discorso. Scelta curiosa, ma non insolita per Melania, che sembra ignorare il discorso parlato dai suoi abiti, a volte bellissimi, ma che lanciano messaggi molto dissonanti dal contesto.
Sull’interpretazione di questo look di Melania Trump leggi anche il parere di Valeria Viero, consulente di immagine e direttrice di ESR Italia (scuola di moda con la quale collaboro), che nel suo post enfatizza la differenza tra il messaggio verbale e quello non verbale dell’abito.
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Psicologa, iscritta all'Ordine degli Psicologi della Toscana, dal 1992 si occupa di psicologia della moda. È autrice di diversi libri sulla psicologia della moda. È coordinatrice didattica del Master on line in Psicologia della moda e dell'immagine di ESR Italia.È stata professore a contratto di Psicologia Sociale e Teoria e tecniche del colloquio psicologico alla Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Firenze, e di Psicologia sociale della moda e di Psicologia dei consumi di moda al Polimoda.
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Ciao, sono Paola Pizza, psicologa della moda.
Nel lavoro ho unito due grandi passioni: la psicologia e la moda.
Iniziamo insieme un viaggio tra i significati profondi della moda.
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silvana
30 Agosto 2020Concordo: la mia impressione è che sia l’abito ad indossare Melania e non il contrario. Proprio come una bambola con i suoi “vestitini”.
Silvana
Paola Pizza
31 Agosto 2020Giusta osservazione! Proprio come le bambole di carta a cui da bambine mettevamo davanti gli abiti ritagliati.