Liberare il piacere. Questo dovrebbe essere l’obiettivo nel rapporto con la moda. Quando scegliamo un nuovo abito o un nuovo accessorio, quando apriamo l’armadio e osserviamo il nostro guardaroba, quando ci guardiamo allo specchio dopo aver indossato un capo che ci piace, l’impulso dominante dovrebbe essere quello del piacere (espressione della sessualità). Ma è per tutti così? O alcuni usano la moda come strumento di successo e di controllo lasciando agire l’impulso opposto al piacere, quello del potere (espressione dell’Io)?
Come afferma lo psicoanalista Alexander Lowen, “senza la sensazione di piacere la felicità è soltanto una illusione (…) nel piacere la volontà si dissolve e l’Io cede la sua egemonia sul corpo” (Il piacere, p. 19). Per essere felici con abiti e accessori dobbiamo quindi smettere di cercare la perfezione e di voler controllare il nostro corpo e lasciarci invece andare al piacere. La moda porta nel nostro look il piacere della creatività e della sensualità con i colori, i modelli, i tessuti, i materiali, gli accessori e le infinite possibilità di abbinamento. Ognuno di noi può creare il proprio stile unico e particolare partendo dalla propria identità, senza lasciarsi condizionare.
Così dovrebbe essere il rapporto con la moda, secondo la visione di una psicologa. Ma è per tutti così? E soprattutto tutti i cosiddetti guru ed esperti di moda ci aiutano a viverlo così? Hanno a cuore il nostro piacere? Mi viene il dubbio che alcuni di loro cerchino il loro potere piuttosto che il nostro piacere. E potere e piacere non vanno d’accordo.
“Il difetto principale della moda è che spesso si prende troppo sul serio – dice Mariagrazia Chiuri, direttrice creativa di Dior – credo che sia necessario ridarle un po’ di leggerezza e di gioia. Sarebbe bello indossare soltanto quello che rende felici” (Io Donna, 21-12-19, p. 44). Condivido in pieno questa osservazione. Mi pare davvero che alcuni consulenti di moda si prendano troppo sul serio e sostituiscano il loro bisogno di controllo alla libertà espressiva che dovrebbe essere l’obiettivo della moda. Anziché concentrarsi sulla sola immagine, la psicologia della moda guarda alla persona e mira a rimettere gioia ed equilibrio nel rapporto con il corpo e con l’immagine, rifuggendo dal conformismo e dal bisogno di perfezione e valorizzando la libera espressione con abiti e accessori.
Il principio del piacere dovrebbe dominare il rapporto con la moda e liberarlo da regole rigide e imposizioni. Se un capo ci piace, esprime la nostra identità e ci fa star bene, allora è il capo giusto per noi. Liberiamo il piacere nel nostro rapporto con abiti e accessori, e impariamo a dire no alle regole eccessive e al bisogno di controllo.
I colori portano gioia ed emozioni nella nostra vita. Come sosteneva Kandinsky, “il colore è un potere che influenza direttamente l’anima”. Usiamoli con spontaneità, senza imbrigliare la loro forza espressiva. Se un colore mi piace, lo indosso perché racconta una parte di me. Poco importa se non è il colore di tendenza dell’ultima stagione o se, secondo i dettami del chromostyling che impazza su Instagram, non è adeguato al mio fototipo.
Questo non vuol dire non avere senso di realtà, ma essere liberi dal bisogno eccessivo di controllo. Se esprime la mia identità e le mie emozioni allora è il mio colore. I colori amati e detestati sono espressioni della nostra psiche, delle nostre emozioni e dei nostri conflitti, non possiamo ridurli solo ad un fatto estetico. Esprimono molto di più. Ed è proprio questo aspetto profondo, e non di superficie che la psicologia della moda cerca di mettere in luce. La bellezza viene da dentro, non può essere soltanto immagine (lo racconto nei miei corsi individuali e in quelli di gruppo che tengo per ESR Italia).
Chi è che non desidera sentirsi bella, bello e attraente, valorizzandosi? Ma la bellezza dovrebbe essere spontaneità, gioia, piacere e non una imposizione dell’Io o del Super Io, con una sottomissione passiva alle regole estetiche o ai modelli dominanti.
Da psicologa trovo preoccupante il diffuso bisogno di semplificare la moda, riportando tutto a regole rigide (se sei così allora devi vestirti così). Ma la persona dov’è? Dov’è la sua originalità e il suo valore?
I consulenti di moda non sono tutti uguali, alcuni distinguono perfettamente l’aiuto dal controllo e sanno dare consigli preziosi, ma altri sembrano invece voler controllare i clienti sostituendo la propria volontà alla loro.
Mi sono soffermata ad osservare la comunicazione non verbale di alcune persone che partecipano al gioco del “prima e dopo”, affidandosi nelle mani di un consulente che promette di cambiare la loro vita con un nuovo look. I movimenti delle persone che vengono esaminate sono spesso tesi e i muscoli sembrano contratti. Mancano la grazia e la rilassatezza che caratterizzano chi è spontanea e felice. Per non vergognarsi e per non sentirsi colpevoli, sembrano intrappolate in una situazione dalla quale si può uscire solo sottomettendosi alle regole. E non è difficile capire il perché. Il trattamento è metodico: prima sono state guardate con occhio critico e censorio, poi è stato sezionato e bocciato senza remore il loro stile, e infine gli è stato detto come devono vestire e come devono costruire la propria immagine per essere accettabili.
Chi cerca la perfezione, in sé e negli altri, dal punto di vista psicologico, non fa altro che attivare il senso di vergogna (che fa sentire inferiori e inadeguati). Per dirla con le parole dell’analisi transazionale, il consulente attivando lo stato dell’Io Genitore persecutore mette il cliente nella posizione di Bambino sottomesso, dicendogli cosa deve fare per essere accettabile. In questo modo le persone sembrano dentro una spirale dalla quale è difficile uscire: la vergogna genera infatti senso di colpa e costituisce un ostacolo nell’accettare sé stessi.
Vengono spontanee una serie di domande: da dove viene questo bisogno di controllo? Perché alcuni consulenti hanno così bisogno delle regole? Qual è il motivo per cui pensano di capire la persona che hanno davanti meglio di chiunque altro (senza peraltro essere psicologi)? Come mai ritengono che il loro gusto sia perfetto e migliore di quello degli altri?
Conosco molte brave consulenti di moda, che studiano anche la psicologia della moda convinte che l’immagine non sia tutto, e collaboro con ESR Italia, una scuola per consulenti di immagine con la quale condivido la convinzione che la moda debba essere centrata sulla persona e non sulle regole. Ma osservo anche alcune consulenti, alcune venditrici e venditori che non sanno andare oltre l’apparente sicurezza delle regole e non sanno vedere la poesia e il piacere della moda.
Quello che vorrei proporre alle scuole di formazione di moda e alle aziende è di non limitarsi alla sola superficie. È necessario cogliere il legame profondo tra immagine e psiche. La moda non può essere ricerca della perfezione, ma felicità e piacere. Dietro la ricerca della perfezione non c’è armonia ma solo bisogno di controllo del proprio e dell’altrui corpo (ne parlo anche nel mio ultimo libro Il coraggio di piacersi).
Come ha affermato Giorgio Armani alla chiusura dello show Emporio Armani “Be a poem” (alla settimana della moda milanese autunno/ inverno 2020-2021) la moda è libertà. Ogni donna dovrebbe trovare la propria poesia, essere libera dalle imposizioni e capace di scrivere da sola le regole del gioco per trovare la propria unicità. “Certa moda stupra le donne” ha detto con una affermazione forte.
La moda coinvolge la sessualità ed è espressione di un transfert seduttivo che la rende attraente e ammaliante. Basterebbe osservare i grandi nella moda per capire che lo sono diventati proprio sfidando le regole e giocando con la sensualità. La creatività è liberare il piacere e non esercitare il controllo. Richiede immaginazione e nasce dal desiderio di piacere e di esprimersi.
Alcuni però sembrano rimuovere completamente la sessualità dalla moda e ne fanno un percorso ad ostacoli fatto di norme, di proibizioni e di ricerca della perfezione. Cercano la sicurezza delle regole e la conformità, anziché la creatività e l’originalità come espressione di sé. Tutto ciò non può portare né felicità, né bellezza. Anziché liberare il piacere, si imbriglia il piacere.
Da psicologa della moda credo in una moda assertiva che libera il piacere e rifugge le regole rigide e il controllo. Apprezzo la sicurezza di Brigitte Macron che mostra le gambe in modo disinvolto, nonostante qualcuno ritenga che ad una certa età non si debba fare. O la grinta di Michelle Obama che come first lady, anziché soffermarsi sul ruolo, ha puntato sulla persona e ha avuto il coraggio di indossare abiti senza maniche con colori squillanti adeguati alla sua identità (ignorando i decenni di colori pastello alla Casa Bianca). O la determinazione di tutte quelle donne e quegli uomini che indossano ogni giorno ciò che li fa sentire bene e che è in sintonia con il loro sé, senza lasciarsi condizionare.
Perché dovremmo accettare di conformarci come marionette alle regole di chi ci dice cosa fare e cosa non fare? Siamo così insicuri da aver bisogno di una “cattiva madre” che limita il nostro spazio di azione e detta le regole che dobbiamo rispettare, anche quando non ci piacciono, per non sentirci un “bambino cattivo”?
Il piacere, a differenza della vergogna, conduce ad un approccio creativo nella soluzione dei problemi, che porta con più facilità a trovare il proprio stile ideale.
Concludo con Erica Jong: “Che sia benedetta la moda che ci rende volubili e leggere anche quando vorremmo essere profonde”. Riscopriamo la leggerezza della moda!
Se hai bisogno di un supporto per riportare il piacere nel tuo rapporto con la moda, ricorda:
Leggi anche i post: La perfezione non esiste
Psicologa, iscritta all'Ordine degli Psicologi della Toscana, dal 1992 si occupa di psicologia della moda. È autrice di diversi libri sulla psicologia della moda. È coordinatrice didattica del Master on line in Psicologia della moda e dell'immagine di ESR Italia.È stata professore a contratto di Psicologia Sociale e Teoria e tecniche del colloquio psicologico alla Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Firenze, e di Psicologia sociale della moda e di Psicologia dei consumi di moda al Polimoda.
Ciao, sono Paola Pizza, psicologa della moda.
Nel lavoro ho unito due grandi passioni: la psicologia e la moda.
Iniziamo insieme un viaggio tra i significati profondi della moda.
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