Gli stereotipi estetici condizionano il nostro rapporto con la moda e contribuiscono a farci sentire inadeguate, tingendo di colore scuro le emozioni che proviamo per noi stesse. Quando questo accade la nostra autostima va in caduta libera. Cosa possiamo fare per combattere gli stereotipi e migliorare la nostra autostima?
Tra i principali stereotipi estetici c’è quello legato alle taglie ideali, che possiamo riassumere nell’imperativo “magrezza è bellezza”. Ma è ancora così o qualcosa sta cambiando? Le emozioni che proviamo nei confronti di noi stesse e del nostro corpo stanno migliorando?
Il brand Fiorella Rubino ha commissionato a Gfk Italia una ricerca per verificare se è ancora fondata la credenza “magrezza è bellezza”. I risultati, presentati l’8 marzo (per il lancio della campagna Fiorella Rubino Stile libero), hanno mostrato che per gli intervistati (1000 donne e 200 uomini) la taglia ideale è la 44, seguita dalla 46 e poi dalle 40-42.
Siamo in presenza di una evoluzione dei canoni estetici? La magrezza non è più un imperativo?
I dati mostrano una dissonanza tra il desiderio di libertà e la paura di non esser adeguate, e tra codice femminile e codice maschile.
Per le donne e per gli uomini la 44 è la taglia considerata più femminile. Ma è interessante notare come gli uomini intervistati considerino con diffidenza la taglia 42, mentre le donne considerano chi ha la taglia 42 bella, apprezzata dagli altri e sicura di sé. Il 77% delle donne è d’accordo con l’affermazione che la bellezza non è solo essere magra, ma d’altra parte il 41% concorda anche con quella che una donna perfetta è magra. Inoltre il 73% delle donne è convinta che nell’immaginario collettivo trionfi lo stereotipo donna fisicamente perfetta = magra.
Che è come dire, vorrei sentirmi libera di esprimere chi sono, ma non posso per effetto delle pressioni sociali. Ma la domanda è: si tratta solo di pressioni esterne o i condizionamenti sono anche interni, e creati dai nostri stessi pensieri? Possiamo fare qualcosa per liberarcene?
Le intervistate mostrano un desiderio di esprimersi in modo libero e autentico e di usare il proprio corpo e gli abiti per comunicare la propria unicità e identità. Il corpo è infatti il primo strumento identitario e gli abiti che lo rivestono contribuiscono a definire chi siamo. Il termine curvy viene associato a caratteristiche positive come allegria, senso materno, sicurezza di sé, sensualità, cultura. Ambiscono esprimersi di più con la moda, indipendentemente dalla taglia, e Il 77% considera l’offerta del sistema moda limitata per chi non è magra.
Ciò che appare è una medaglia con due facce: il femminile e il maschile.
I dati evidenziano una valutazione positiva delle taglie morbide, che vengono associate a parole che evocano la femminilità (positive, allegre, belle, materne, sensuali). Ma, nello stesso tempo, compaiono anche valutazioni negative legate alle taglie curvy, considerate sovrappeso e sedentarie, caratteristiche che si oppongono a una più virile attività e tonicità. Inoltre il 41% delle intervistate riconosce lo stereotipo la donna perfetta è magra. Essere toniche, scattanti, attive e vincenti sono quindi caratteristiche più associate ad un corpo androgino e magro, che simboleggia tratti maschili e più duri della personalità.
Quando a prevalere sono i desideri, emerge il codice femminile che evoca morbidezza, rilassatezza, apertura agli altri, sensibilità, disponibilità, senso materno, sensualità. Quando prevalgono le attese sociali e il desiderio di successo, emerge il codice maschile che evoca azione, realizzazione, affermazione di sé, produttività, tonicità, distacco emotivo. Sembra quasi che per avere successo (ed essere una donna perfetta) sia necessario conformarsi agli aspetti maschili della personalità, ed avere un corpo magro e androgino, pena l’inadeguatezza. Per essere più libere e felici, invece, sono le taglie curvy le più ambite. Non a caso la taglia 44 compare come una linea di demarcazione accettabile che sta tra le taglie curvy e la 40-42. La taglia 44 permette una mediazione tra il codice maschile e il codice femminile: abbastanza morbida per simboleggiare la femminilità, ma non troppo, per non perdere la grinta e la durezza necessarie ad affermarsi.
La valutazione che diamo di noi stesse dipende dai modelli interni (guide del sé): Sé reale, Sé ideale, Sé imperativo.
Così, se da una parte il modello interno Sé ideale (come vorrei essere) invoca la libertà della shape diversity e i valori della femminilità (positività, allegria, sensualità, maternità, morbidezza, rilassatezza), rappresentati dalle taglie curvy, dall’altra il modello Sé imperativo (come penso di dover essere per effetto delle pressioni sociali), ci costringe a confrontarci con stereotipi estetici legati alla magrezza che rappresenta una idea più androgina e vincente della donna.
La discrepanza tra i Sé (reale, ideale e imperativo) genera disagio e malessere, e porta all’eccesso di criticità verso se stesse (47%) e alla paura del giudizio degli altri (51%) . La difficoltà del rapporto con il proprio corpo risulta anche dal costante ricorso alla bilancia e alla dieta (solo il 20% dichiara infatti di non seguire una dieta).
Cerchiamo la nostra identità nel corpo e usiamo gli abiti per renderla visibile. Gli abiti (“il momento in cui il corpo diventa significativo” per Roland Barthes) sono un progetto identitario, e ci rendono libere solo quando esprimono ciò che realmente abbiamo dentro. Dobbiamo quindi non solo auspicare la libertà della shape diversity (Sé Ideale), ma liberarci dalle pressioni sociali e dai condizionamenti (Sé Imperativo).
Per migliorare il benessere e accettarsi di più, è necessario rompere gli stereotipi estetici e rimettere in discussione le nostre credenze (Moda Terapia), ridefinendo ciò che viviamo come problema. Come diceva il filosofo Epitetto, “non sono le cose in sé che ci preoccupano, ma l’opinione che noi abbiamo di esse”. Quindi dobbiamo pensare al nostro corpo in modo diverso. La libertà è dentro di noi, nei nostri pensieri. E anche la bellezza viene da dentro. Basta con l’idea della perfezione. La diversità è il vero valore.
Credo in un nuovo modello di bellezza centrato sulla persona e non sul corpo, che punta all’unicità e rifugge dall’omologazione a modelli stereotipati e ne parlo anche nel mio nuovo libro Il coraggio di piacersi.
Le influencer cominciano a fare dichiarazioni sulla necessità di accettare il proprio corpo. Selena Gomez (D.Repubblica.it) ha scritto su Istagram: la perfezione fisica è un mito.
Anche le aziende di moda dovrebbero contribuire al cambiamento degli stereotipi e delle credenze. Ma ne avranno voglia? Riusciranno a cambiare la comunicazione? Perché le donne devono essere o androgine o sensuali? Morbide o dure? Non ci può essere una donna femminile e vincente? Viva il nostro corpo (indipendentemente dalla taglia) quando esprime l’amore per noi stesse, e tutto il bello che abbiamo dentro!
Le taglie sono un canone di bellezza stereotipata? Come sta cambiando il rapporto con il corpo? Ho parlato dell’empowerment delle taglie con Manuela Mimosa Ravasio su Io Donna del 17 aprile 2021.Per fortuna qualcosa inizia a cambiare e diverse aziende iniziano a rendere concreto il tema della bellezza inclusiva andando oltre le taglie.
Nella trasmissione Patti Chiari della RSI Radio Televisione Svizzera , il 9-10-2020, ho dialogato con il conduttore Lorenzo Mammone e la miss Curvy Ticino Katia Cattaneo, sul tema delle taglie. Commentando le video inchieste presentate nella trasmissione ho risposto a domande su: Qual è il vissuto psicologico di chi non trova gli abiti adatti al proprio fisico, si sente giudicato dai venditori e rifiutato dalle aziende? Cosa si può fare per combattere gli stereotipi estetici? Il sistema moda produce stereotipi ed esclusione? Clicca sotto per vedere solo la mia intervista
Se vuoi vedere tutta la trasmissione Patti chiari Clicca qui . La mia intervista inizia al minuto 25.20 dopo il filmato sulla difficoltà a trovare abiti per le taglie morbide.
Leggi su questo argomento la mia intervista, nell’articolo di Ilaria Perrotta su Vanityfair.it Body positive, plus size, curvy: etichette di cui liberarci? Clicca qui
Corpo e identità. La bellezza inclusiva
Psicologa, iscritta all'Ordine degli Psicologi della Toscana, dal 1992 si occupa di psicologia della moda. È autrice di diversi libri sulla psicologia della moda. È coordinatrice didattica del Master on line in Psicologia della moda e dell'immagine di ESR Italia.È stata professore a contratto di Psicologia Sociale e Teoria e tecniche del colloquio psicologico alla Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Firenze, e di Psicologia sociale della moda e di Psicologia dei consumi di moda al Polimoda.
Ciao, sono Paola Pizza, psicologa della moda.
Nel lavoro ho unito due grandi passioni: la psicologia e la moda.
Iniziamo insieme un viaggio tra i significati profondi della moda.
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