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La moda inclusiva e la body positivity

  • 5 Dicembre 2021
  • By Paola Pizza
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La moda inclusiva e la body positivity

La moda è inclusiva o esclusiva? Inclusività e diversità sono nuovi valori che stanno influenzando il concetto di bellezza e cambiando la comunicazione di moda. Sono solo parole e immagini, o è in atto un cambiamento reale? La moda offre prodotti inclusivi adatti a tutti i corpi? Il personale di vendita ha un comportamento inclusivo verso le clienti e i clienti?  Succede talvolta che le parole che entrano nel nuovo lessico abbaglino come una pietra preziosa. Ce le giriamo in bocca, le ripetiamo spesso, ma poi facciamo poco per trasformarle in cambiamenti concreti.

Definiamo la moda inclusiva

Per inclusione si intende l’accettazione della diversità. Mi piace molto la definizione di inclusività che viene data in mineralogia, dove per inclusione si intendono gli effetti di luce creati dalle sostanze solide, liquide o gassose inglobate all’interno dei minerali. Avete presente l’asteria o l’occhio di gatto? Così come accade in queste pietre, la diversità crea bagliori di luce e aggiunge qualcosa.

Quando la moda è inclusiva punta a una bellezza che viene da dentro e considera la diversità come un valore, proponendo prodotti e servizi per le persone reali, e non solo per chi si adegua ad una immagine stereotipata e algida di bellezza.

La moda inclusiva si rivolge a persone che non sono definite dai loro difetti o dalla loro disabilità. È una moda che cerca di rendere unica e speciale ogni persona e che lavora sui sogni e i desideri di tutti. Belli e brutti. Magri e grassi. Abili e disabili. Diversi e uguali. Ogni persona ha il diritto di valorizzarsi e di esprimere la propria identità con abiti e accessori. Ogni persona, indipendentemente dal suo fisico, ha il diritto di essere felice con la moda.

Cosa possono fare le aziende di moda per combattere gli stereotipi estetici?

È bello vedere sfilare modelle e modelli non solo magrissimi e perfetti (e spesso molto lontani dai corpi reali di chi compra moda), ma anche con corpi morbidi, con i capelli bianchi, con volti e pelle non perfetta, con diverse identità di genere, con disabilità. È rassicurante osservare modelle con bellezze non convenzionali nelle pubblicità e nelle sfilate.  Ed è di grande aiuto per promuovere un cambiamento nell’estetica dominante e contribuire a scardinare gli stereotipi estetici e i pregiudizi.

Ho adorato la pubblicità del mascara Gucci, l’Obscur con Ellie Goldstein che ci ha mostrato quanto possa essere bella e gioiosa una modella con sindrome di Down. O l’influencer Tess Holliday che ha ironizzato sulle “taglie da campionario” (sample size) sfilando per Chromat nel 2019. Ma anche Precious Lee con il suo corpo morbido e provocante che ha sfilato per Fendace (la linea che nasce dalla collaborazione tra Fendi e Versace).  Ho amato anche Olwen Fouéré scrittrice e regista irlandese, che ha sfilato per Simone Rocha nel 2020, o Benedetta Barzini che ha portato la sua grinta e i suoi capelli grigi nella campagna Cruise di Gucci 20-21. Che dire poi di Winnie Harlow che nel 2014 è stata il volto di Desigual che propone una moda gioiosa e fuori dalle regole? O della bellissima pubblicità di Dolce e Gabbana (primo brand del lusso a inserire nel 2019 le tagli fino alla 54) dove la bellissima Vanessa Incontrada interpreta i quadri di Rubens.

Antesignano della moda inclusiva in passerella è stato Alexander McQueen che nel 1999 fece sfilare l’atleta paralimpica Aimée Mullins con delle protesi in legno intagliate a mano.

Quando la moda non è inclusiva

Il fascino e la sostanza della parola inclusività cominciano a sbiadirsi e a perdere spessore quando si vedono i negozi, o i reparti, destinati alle taglie curvy. Perché mai chi è sovrappeso deve recarsi in un apposito negozio? O in un angolo oscuro del department store? Deve vergognarsi del proprio peso e recarsi in un luogo dove non viene visto da chi è magro? Ho molto apprezzato che il brand Elena Mirò che ha fatto molto per promuovere la bellezza al di là delle taglie (ne parlo nel post Corpo e identità) non si rivolga più solo alle plus size, ma a tutte le donne.

C’è poca inclusione anche nel comportamento di alcuni venditori che trattano con sufficienza chi è diverso dal loro personalissimo concetto di bellezza. Sono rimasta stupita dal servizio della trasmissione Patti Chiari della Televisione Svizzera, di cui sono stata ospite. ( Clicca qui per vedere solo la mia intervista, clicca qui per vedere tutta la trasmissione)

Le telecamere hanno seguito un uomo e una donna sovrappeso che avevano denunciato alla trasmissione di inchiesta Patti Chiari di sentirsi rifiutati dai luoghi della moda. Il risultato del loro peregrinare per negozi è stato avvilente: quando è andata bene gli sono stati proposti felpe o t-shirt over size. Quando è andata male gli è stato detto “non abbiamo niente per lei” “torni dopo una dieta” o “vada in negozi specializzati”. Le emozioni che hanno riferito di provare sono state vergogna, tristezza e senso di esclusione. Eppure volevano solo comprare abiti!

Chi non ha la taglia giusta, o chi ha disabilità deve rinunciare a vestirsi alla moda? Non può ambire a valorizzarsi con abiti e accessori? Deve sentirsi in colpa? Le aziende di moda vogliono rinunciare a questa fetta di mercato?

Una scena di moda esclusiva

Ricordate la scena di Pretty Woman quando Vivienne (che non ha certo il look da modaiola!) cerca di acquistare un abito da cocktail per una serata e viene sdegnosamente invitata ad uscire dalle venditrici che usano sguardi, postura e parole che giudicano e escludono? “Non abbiamo niente per lei” è la frase che ripetono sia con la comunicazione verbale che con quella non verbale. Se talvolta vi siete sentiti giudicati per la vostra fisicità o il vostro look nei negozi, avete senz’altro gongolato per le facce perplesse delle stesse venditrici quando Vivienne torna dopo aver fatto acquisti, elegante e piena di shopper, e chiede loro se sono pagate a provvigione. Abbiamo tutti un po’ esultato per il suo senso di rivalsa quando dice con la sicurezza di chi indossa un bellissimo abito: “bell’errore”!

Chi ama la moda inclusiva e la body positivity

Vedere l’inclusione nelle sfilate, negli spot e nei negozi fa tirare un sospiro di sollievo a tutti quelli che desiderano sentirsi liberi di esprimere la propria autenticità, e che non vogliono uniformarsi a canoni estetici irrealistici e vessatori. È un balsamo per chi non ha nessuna intenzione di vergognarsi per le rughe, i capelli bianchi, i chili di troppo, i centimetri in meno di altezza, la percezione di genere, i difetti fisici o le disabilità. Per chi con gli abiti, gli accessori e il trucco, vuol sentirsi bella/bello ed elegante, e comunicare la propria identità e il proprio valore (che è molto più dell’apparenza). È un conforto per chi desidera trovare nella moda uno strumento di felicità e di benessere (e non di tristezza e turbamento).

Chi non ama la moda inclusiva e la body psitivity

Alcuni non riescono ad andare oltre la fisicità e l’apparenza e sono così impauriti dalla possibilità di avere un corpo difettoso, da proiettare le loro ansie sugli altri. Hanno paura di perdere la loro identità e la loro presunta perfezione contaminandosi con chi perfetto non è. Per essere amati e accettati pensano di doversi adeguarsi a rigide norme estetiche e si aspettano che anche gli altri si adeguino e siano perfetti.

I social si sono scatenati per criticare Armine Harutyunyan, modella armena che ha sfilato per Gucci, con la sua bellezza particolare. Così come è stata molto criticata e derisa Sarah Jessica Parker per le sue rughe e i suoi capelli grigi nel sequel di Sex and the city. Il body shaming colpisce tutti quelli che hanno una fisicità diversa per escluderli, ridicolizzarli e farli vergognare. Ma cosa c’è dietro questo bisogno di criticare e giudicare con durezza? Quali paure vengono proiettate? Scoprilo leggendo il post Critiche al look

Formare all’inclusività: un corso su La moda inclusiva

Credo che la formazione sia un’arma importante per le aziende di moda che desiderano essere inclusive non solo a parole. È importante conoscere le dinamiche psicologiche dell’esclusione per riuscire ad evitarle e favorire un atteggiamento realmente inclusivo.

Il corso La moda inclusiva ha l’obiettivo di considerare le diverse implicazioni del concetto di inclusività (dalla psicologia alla comunicazione) e di dare suggerimenti su come metterli in pratica nella relazione con il cliente. Come docenti, insieme a me (tratterò l’argomento Le dimensioni psicologiche dell’inclusività per chiarire gli ostacoli psicologici che rendono difficile il pensiero inclusivo)  ci saranno Valeria Viero, Direttrice di ESR Italia (L’inclusività nella pratica della consulenza di moda), Michaela K. Belisario, giornalista di IoDonna e brand ambassador di Caractére (La fashion attitude con il passare dell’età), e Lara Lago, giornalista, conduttrice della rubrica Caro corpo su Sky (La consulenza per un cliente con bisogni legati al peso), . Clicca qui per vedere il programma completo del corso

Adaptive fashion e moda inclusiva

Oltre alla comunicazione inclusiva dei brand e ai comportamenti inclusivi dei venditori, occorrono anche prodotti moda adatti alle diverse fisicità. Qualche esempio? La linea adaptive fashion di Tommy Hilfiger, e quella della catena americana Target. La tuta di Asos disegnata con l’atleta paralimpica Chloe Ball-Hopkins (che aveva chiesto ad Asos qualcosa che potesse indossare anche chi è in sedia a rotelle per non bagnarsi ai concerti ed essere alla moda). La linea del brand di lingerie americano Aerie dedicata a tutti i corpi (bellissima la loro campagna #aerieREAL a favore della bellezza reale e contro i filtri). La linea beauty Fenty di Rihanna che propone prodotti per tutte le pelli e quella di lingerie inclusiva Savage x Fenty. Il primo brand senza taglie è Uoman, che anziché i temuti numeri delle taglie propone 5 diverse vestibilità: Ulla, Olga, Margò, Altea e Nora.

Le ricerche sulla moda inclusiva

Cosa raccontano le ricerche sul rapporto tra moda e inclusione? Secondo i dati emersi dal Fashion Consumer Panel di Sita Ricerca (gruppo Pambianco) e resi noti l’11-7-2023, c’è interesse verso la moda inclusiva e attesa che le aziende moda traducano ciò che mostrano nelle sfilate (con alcune modelle e modelli con diverse fisicità, età e genere) in comportamenti concreti. Anche gli intervistati chiedono, quindi, di passare dalle parole ai fatti:

  • Il 60% degli intervistati dichiara interesse per le aziende che si impegnano sui temi dell’inclusione
  • Il 47% ritiene che il settore moda sia quello più attivo su questi temi presentando spesso nelle sfilate modelli e modelle con diverse fisicità e identità di genere
  • Il 30% però, ritiene che i messaggi inclusivi siano solo una strategia comunicativa senza risvolti pratici. Manca l’inclusione quando si entra nei negozi e si cercano i prodotti. Le richieste si concentrano in particolare sulle taglie, non soltanto curvy, ma anche per chi è basso, molto alto o molto magro.
  • L’unisex, in base alla ricerca, sembra apprezzato solo da una nicchia di consumatori.

Interessante anche il sondaggio effettuato da IoDonna e commentato nel n. 39 del 30 settembre 2023. Dai 2000 questionari compilati dalle lettrici emergono aspetti contrapposti: l’accettazione e il rifiuto di sé, ma anche il bisogno di perfezione, o all’opposto di imperfezione. Ho contribuito a commentare i dati dell’interessante sondaggio Io e il mio corpo nell’articolo di RoseIlina Salemi Il bello dentro di noi a p.47.

Ho parlato di moda inclusiva sui media

Sull’argomento delle taglie leggi anche la mia intervista a Vanityfair.it, nell’articolo di Ilaria Perrotta Body positive, plus size, curvy: etichette di cui liberarci? (clicca sul titolo dell’articolo per leggerlo)

Leggi anche l’intervisa a Monica Melotti su Il Sole24Ore La nuova bellezza passa da inclusione e body Positivity

Ho parlato della necessità di combattere gli stereotipi estetici e promuovere una bellezza inclusiva a Radio Cusano Campus (la radio dell’Università Nicolò Cusano), tema della trasmissione La responsabilità sociale della moda (clicca qui per sentirla).

Ho parlato di bellezza inclusiva anche nella trasmissione d’inchiesta Patti Chiari della Televisione Svizzera (clicca qui per ascoltarla) che ha indagato su come i negozi moda di Lugano affrontino il problema delle taglie

Tutti hanno il diritto di piacersi: alti, bassi, giovani, “diversamente giovani”, magri, morbidi, grassi, disabili o normodotati. Tutti hanno il diritto di esprimere la loro identità con la moda e di sentirsi speciali con un abito. Ne ho parlato con Irene Tempestini su News48.it nell’articolo Adaptive clothing: il diritto di piacersi (23 marzo 2023).

Per approfondire l’argomento puoi leggere anche i post:

Moda e età

Corpo e identità

Gli stereotipi estetici. Magrezza è bellezza?

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By Paola Pizza, 5 Dicembre 2021 Psicologa, iscritta all'Ordine degli Psicologi della Toscana, dal 1992 si occupa di psicologia della moda. È autrice di diversi libri sulla psicologia della moda. È coordinatrice didattica del Master on line in Psicologia della moda e dell'immagine di ESR Italia.È stata professore a contratto di Psicologia Sociale e Teoria e tecniche del colloquio psicologico alla Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Firenze, e di Psicologia sociale della moda e di Psicologia dei consumi di moda al Polimoda.

Paola Pizza

Psicologa, iscritta all'Ordine degli Psicologi della Toscana, dal 1992 si occupa di psicologia della moda. È autrice di diversi libri sulla psicologia della moda. È coordinatrice didattica del Master on line in Psicologia della moda e dell'immagine di ESR Italia.È stata professore a contratto di Psicologia Sociale e Teoria e tecniche del colloquio psicologico alla Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Firenze, e di Psicologia sociale della moda e di Psicologia dei consumi di moda al Polimoda.

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Paola Pizz

Ciao, sono Paola Pizza, psicologa della moda.
Nel lavoro ho unito due grandi passioni: la psicologia e la moda.
Iniziamo insieme un viaggio tra i significati profondi della moda.

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