Qual è il rapporto tra generazione Z e moda? Analizziamo il comportamento dei giovani nati tra il 1997 e il 2012, secondo l’angolo visuale della psicologia della moda. La generazione Z sta riscrivendo le regole dello stile? Sono indubbiamente una parte importante del mercato attuale e futuro (un terzo della popolazione mondiale secondo Bloomberg) e perciò è utile comprendere le dinamiche psicologiche che determinano il loro rapporto con il corpo e con gli abiti, gli accessori e i colori.
Ma soprattutto mi chiedo: i valori, gli atteggiamenti, i pensieri dei nati in un determinato periodo, sono tutti uguali, come sembra suggerirci l’istituto demografico statunitense Pew Research Center che mette i consumatori in scatole in base al periodo di nascita (Generazione X,Y,Z)? Una delle cose importanti che ho imparato da Gabriele Calvi (fondatore di Eurisko e mio professore di Psicologia Sociale) e dalle sue ricerche sugli stili di vita (che condivideva con noi studenti) è che non si devono incasellare le persone in scatole anagrafiche come età, sesso, istruzione. È necessario, piuttosto, comprenderne i valori, gli atteggiamenti , le idee, e partire da lì, anziché dalla scatola! Altrimenti si rischia di oroscopizzare la ricerca sul comportamento del consumatore!
L’adolescenza è un momento nel quale l’identità prende forma, si definisce e si rafforza. Si decide come comunicare il proprio sé. Come differenziarsi dagli adulti e come uniformarsi al gruppo. Il successo si misura in termini di visibilità. Il “corridoio della scuola è come una passerella sulla quale sfilare” (come dice lo psicoterapeuta Gustavo Pietropolli Charmet nei suoi bellissimi testi sugli adolescenti). Si è giudicati e valutati in base alle norme vestimentarie del gruppo che determinano, in modo inesorabile, cosa è di moda e cosa non lo è. Cosa è vincente e cosa è sfigato.
Alcuni prediligono un abbigliamento sportivo, ampio e genderless che avvolge il corpo e lo protegge dagli sguardi. Una moda fluida che non mette in evidenza femminilità o mascolinità, ma cela le forme anziché esaltarle come nel passato. Rifiutano l’oggettivizzazione sessuale del corpo e prediligono un’estetica priva di sessualità, volta a coprire il corpo e non più a esibirlo. Questo è uno stile che risolve, attraverso l’abbigliamento, il delicato tema dell’identificazione sessuale.
I capi cult sono: la felpa oversize, il bomber, la giacca in jeans, la t-shirt oversize, il marsupio, lo zainetto, le sneakers, i jeans baggy
La categorizzazione sociale è il meccanismo psicologico attraverso il quale si rafforza la propria identità confrontandosi con quello che si percepisce come un gruppo vincente e differenziandosi da un gruppo percepito come perdente. Sul proprio gruppo vengono proiettati tutti gli aspetti luce della propria identità (in group), sul gruppo rifiutato (out group) vengono depositati gli aspetti ombra.
Divertente a questo proposito la discussione sui social sulle differenze tra la generazione Z e la precedente generazione Y, in fatto di stile. Ecco una sintesi delle differenze:
Generazione Z
Generazione Y
I valori contribuiscono a dire chi siamo, a determinare il nostro comportamento e a valutare gli altri. I valori della generazione Z che definiscono il comportamento di acquisto di moda sono posizionati sull’asse Importanza di sé – Trascendenza da sé (modello dei valori di Schwartz).
IMPORTANZA DI SÉ
UNIVERSALISMO
Prediligono i brand che promuovono i loro valori, la moda green e consapevole, i messaggi che mirano all’autodeterminazione, il lusso compatibile. Desiderano cambiare il mondo anche attraverso gli acquisti.
Alcuni definiscono la propria identità identificandosi in un brand che diventa il loro faro. È accaduto con alcuni brand che sono diventati oggetto di riferimento per descrivere il Me materiale (il sé definito attraverso gli oggetti posseduti).
È il caso di Off-White, brand iconico per la generazione Z, creato da Virgil Abloh (e adesso parte del gruppo LVHM). Delle sneaker Triple S e Trak di Balenciaga o delle Ace di Gucci e dei capi genderless disegnati da Demna Gvasalia e da Alessandro Michele.
Come sempre, la moda interpreta le dinamiche sociali e le trasforma in abiti da indossare. Possiamo osservare una serie di proposte che mirano a legare generazione Z e moda. Capsule collection realizzate in sintonia con influencer, artisti, pop star, e progetti di collaborazione con brand più giovani, come quella tra Louis Vuitton e Supreme. Progetti di co-creazione come Guess Z Lab, un laboratorio creativo ideato per coinvolgere i giovani.
I teen-ager sono in una fase di costruzione identitaria e usano la moda e la bellezza sia per parlare di sé e del proprio valore, sia per costruire l’appartenenza al gruppo.
La percezione del corpo si basa sul confronto e sui processi di imitazione, emulazione e identificazione. Il modello di bellezza a cui si ispirano e con il quale si confrontano si costruisce nella mente in base al dialogo tra:
Il concetto di bellezza è strettamente legato a come la persona pensa a sé stessa e costruisce il suo schema corporeo. Talvolta c’è differenza tra il concetto di bellezza ritenuto idealmente giusto, e la valutazione della propria bellezza e tra la realtà del loro corpo e il modo di percepirlo.
Alcuni temono che il proprio corpo sia inadeguato ad avere successo sociale e sentimentale, e temono di non avere fascino e di essere brutti anche quando non lo sono. Così se da una parte affermano il valore della diversità e dell’inclusione, dall’altro temono il giudizio e l’esclusione da parte del gruppo. La loro paura più grande è quella di essere invisibili. Di non essere visti, guardati, apprezzati e amati. Talvolta reagiscono a questa paura smettendo di curarsi e vestendosi in modo da provocare ancora di più.
Il coraggio di piacersi per qualcuno è un impegno per qualcuno una fuga.
La bellezza rivendicata dalla generazione Z è quella della diversità e dell’imperfezione incarnata da una modella come Adwoa Aboah. Un modo giusto di intendere la bellezza, che purtroppo è però lontano dalla realtà quotidiana di molti giovani, la cui fragilità sta proprio nella paura del giudizio e nel cattivo rapporto con il proprio corpo.
Un modello di identificazione è la pop star Billie Eilish, paladina della body positivity, che non si sente in sintonia con il proprio corpo e dice: “Non posso dire di essere felice del mio corpo. Indosso abiti extra large: non voglio che le attenzioni siano rivolte al mio corpo». Afferma anche che l’autostima è difficile quando ci si confronta con star perfette e ritoccate sia con i filtri che con la chirurgia. Creano aspettative irraggiungibili e frustanti.
La piattaforma di Influencer Marketing Buzzoole, ha effettuato una ricerca sullo stile di vita della generazione Z intervistando 2000 giovani. Questi sono i 7 profili che sono emersi:
Gli acquisti per loro sono un fatto sociale. Seguono gli influencer e le valutazioni dei coetanei prima di decidere.
Ho parlato del rapporto tra la moda e la generazione Z con Angela Mollisi sulla rivista Ticino Management Donna, il mensile svizzero su finanza, economia e cultura. Clicca qui per leggere l’articolo
Clicca qui per sfogliare la rivista di settembre-ottobre 2021 che ha un focus sulla generazione Z
Clicca qui per scoprire il programma del corso che terrò insieme alla giornalista Ilaria Perrotta (Vanity Fair) per ESR Italia
Psicologa, iscritta all'Ordine degli Psicologi della Toscana, dal 1992 si occupa di psicologia della moda. È autrice di diversi libri sulla psicologia della moda. È coordinatrice didattica del Master on line in Psicologia della moda e dell'immagine di ESR Italia.È stata professore a contratto di Psicologia Sociale e Teoria e tecniche del colloquio psicologico alla Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Firenze, e di Psicologia sociale della moda e di Psicologia dei consumi di moda al Polimoda.
Ciao, sono Paola Pizza, psicologa della moda.
Nel lavoro ho unito due grandi passioni: la psicologia e la moda.
Iniziamo insieme un viaggio tra i significati profondi della moda.
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